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Musica da ascoltare:  Si tu vois ma mère – Claude Luter et son orchestre – Midnight in Paris sound track
Tempo di lettura: 2,35 minuti

Per chi era convinto come me  che la Pasqua quest’anno, un pò come la Befana, si portasse tutto via, è dura accettare che in Italia anche il mese di Aprile passerà come i mesi precedenti.

Ma qui a Loreto Aprutino, ad una imminente ripartenza grandiosa, non smettiamo di crederci e, anche se il lavoro scarseggia e la chiusrua della ristorazione pesa sulle spalle della filiera agricola ogni giorno di più, noi non ci scoraggiamo.

Anzi.

Negli animi c’è fermento e così anche in cantina, è il caso di dire. Siamo infatti pronti con le nuove annate di Cococciola, Passerina e Pecorino ma soprattutto sta per uscire la 2019 dell’ultimo nato, al quale sono particolarmente affezionata:

Il mio Montepulcianino.

Prima o poi lo chiamerò così anche in etichetta, questo Montepulciano giovane e un pò intellettuale, che indossa le sneakers e legge Hemingway.

Un pò come Owen Wilson in Midnight in Paris, il capolavoro  di Woody Allen in cui Gil Pender, uno sceneggiatore di successo ma disilluso alle prese con una fidanzata da incubo in vacanza a Parigi, si ritrova improvvisamente catapultato indietro nel tempo, nel Quartier Latino, ad una festa organizzata da Jean Cocteau con tutti i più fantastici personaggi di un’epoca irripetibile: Scott Fitzgerald, Zelda, Ernest Hemingway, Salvador Dalì, Pablo Picasso e la sua amante, Adriana. E naturalmente, Gertrude Stein.

Il Montepulcianino è proprio un vino anni ’20. Sono certa infatti che a breve, questo decennio che inizierà, avrà un legame assai forte con i roaries twenties dei primi del 1900. A causa forse anche della sicura e prossima sconfitta della pandemia grazie ai vaccini, vedo già il mondo esplodere in un’epoca che sarà ricordata per l’euforia e per il dinamismo artistico, culturale e sociale.

In questo scenario che io vedo chiaramente, da immancabile ottimista,  ecco che nasce il  Montepulcianino, un rosso di 12,5 gradi in cui l’anima selvatica e fiera del Montepulciano emerge con seducente leggerezza ed innata eleganza e scivola morbido in un che di croccante e tonico.

Veste una etichetta bianca candida con al centro un dettaglio di uno “Studio di Pastore” di Francesco Paolo Michetti, probabilmente preparatorio per uno dei suoi tanti e meravigliosi dipinti che ritraggono l’abruzzesità, come ad esempio La Figlia di Iorio, magnifica tela (344 cm x 614 cm) che riflette sul tema dei due sessi nella società contadina, attualmente esposta nella omonima sala del Palazzo della Provincia di Pescara e che fu realizzata per  la Prima Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia (La Biennale di Venezia) del 1895.

Il Montepulcianino è per me il vino del futuro.

Il vino che mette fine ad un’epoca di appesantimenti mentali e strutturali, pieno di dogmatismi e rivoluzioni mancate e che inaugura una stagione leggera e briosa, fatta di chiacchiere all’aria aperta e di bicchieri che scendono leggeri, di cene sotto le stelle e bottiglie che finiscono in fretta e con grazia.

Un vino da capogiro al ritmo dei clarinetti swing di Barney Bigard e  Claude Luter.

Un vino per svegliarti da un incubo che sembra non finire mai  o, molto meglio, per addormentarti e ritrovarti nella più bella epoca della tua vita.

Credits:

1.Photograph by Carl Van Vechten © Van Vechten Trust

2.The Devil’s Passkey (cinema 1920) by The New York Public Library

3.”Studio di Pastore” di Francesco Paolo Michetti