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Tempo di lettura:  4,73 minuti
Musica da ascoltare: Berceuse in D Minore, Op. 57 – Frederic Chopin
Vino da abbinare: Fosso Cancelli Montepulciano d’Abruzzo 2008

 

Mio padre è grande. Non nel senso di essere grande di corporatura, né di essere grandioso ed eccezionale ( che pure per me e molti altri lo è). E’ grande nel senso di età. Lo è da quando sono nata : lui aveva 48 anni. Oggi, che io ne ho 42, lui ne ha 90. Le foto di quando avevo un anno ci ritraggono insieme di fronte alla casa di Francavilla al Mare. Spicca il colore rosso del suo maglione e del mio maglione. E i suoi capelli, da sempre bianchi.

Un bellissimo uomo che sposò una bellissima donna.

Non ho passato moltissimo tempo con lui, che lavorava tanto e viaggiava spesso.

Ma il tempo insieme lo ricordo di qualità.

Un rispecchiamento amorevole, una difesa certa contro le ire funeste di mia madre, un porto sicuro e dal giudizio morale eticamente incontestabile. Una guida affidabile. 

Anche lui aveva i suoi difetti, Dio non volesse che l’ira cogliesse lui,sarebbe stato difficile tirare indietro le lacrime, tanto ti atterriva. Ma solo due  volte ricordo lo fece con me. Il primo episodio è imbarazzante e tanto non vale per me la pena di condividerlo in pubblico.  Diciamo solo che già precocemente ( avrò avuto 7 anni) esagerai nella mia voglia di non essere da meno di un qualunque maschietto che giocava in cortile d’estate. E ce le presi da lui. Molto. Dopo un pò che piangevo nel letto da sola però lui venne e mi prese in braccio.

E mi portò fuori, a vedere i fuochi d’artificio di Sant’Alfonso a Francavilla al Mare. E io ricordo ancora lo stare in braccio a lui, che mi perdonava. Il secondo avvenne quando avevo più o meno 25 anni. Avevo concluso l’Università e tornata a casa facevo pratica legale e uscivo a divertirmi spesso. Una sera, dal suo divano, dal quale difficilmente si muove dal 1995, mi rimbrottò: “ Chiara, che stai facendo? Ricordati una cosa: io alla tua età gestivo da anni , da solo, l’azienda agricola e dopo poco ho creato la Sicma” .          L’anno seguente ero la responsabile legale dell’ azienda agricola di famiglia, avevo in mano il futuro. 

Mio padre mi ha decisamente sedotto e conquistato dalle fasce, come ha conquistato  tutti con quel suo  carattere timido ma amabile, il suo piglio deciso e  con quella sua intelligenza che induceva come ancora induce  rispetto e  timore ma soprattutto ammirazione.

Ammirato da ogni lato, non è mai stato narciso. Chi lo conosce sa il bene che ha fatto al suo paese,  Miglianico,  e ai suoi amici.  Amici che a volte hanno ricambiato l’affetto e l’aiuto con gratitudine e un  affetto altrettanto grande che ancora oggi continua e dona la vita e altre e più volte si sono col tempo  rivelati per quello che erano: gente piccola ed invidiosa che ha preso finchè potuto e ha scartato, non potendo più prendere. Cancellando finanche dal web, ma non dalla storia, la propria stessa storia.

Da qui uno dei suoi più grandi insegnamenti: “ Quando fai del bene ad una persona, Chiara, ricordati che molto probabilmente la persona che lo riceve  diventerà il tuo peggior nemico. Ma comunque, non ci puoi fare niente, se non cercare di stare più attenta in futuro, perché nella natura nostra non è fare il male, ma il bene.”

Nonostante questa consapevolezza, infatti, lui è ancora l’uomo buono e saggio di sempre.

E mi  insegna molto ancora.

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Dalla voce di mio padre, trascritta da mia madre: 

“ Mio padre  morì il 2 febbraio 1941,  avevo dodici anni e mia sorella Giuliana sedici.

Mia madre si trovò ad affrontare un compito al quale nessuno l’aveva preparata e che mai avrebbe immaginato di dover fronteggiare. Quando si sposarono nel 1925, essa era infatti la tipica   signorina di buona famiglia istruita in tutte le virtù muliebri  richieste dall’educazione del tempo:  sapeva suonare il piano, dipingere , cucire e ricamare , ma era del tutto digiuna di senso pratico e dovette affidarsi ai fattori prima che io, praticamente da subito, subentrassi a mio padre  nella conduzione dell’azienda agricola. Dopo la morte di mio padre ,  durante le vacanze estive fui mandato  a Fara Filiorum Petri affidato alle cure di un sacerdote Don Fabio ,  fratello di Don Aniceto   conoscente di famiglia  , affinché mi introducesse allo studio del greco e del latino in vista della prossima iscrizione  alla quarta ginnasiale . Conservo il ricordo delle  brevi lezioni mattutine e della lunghe passeggiate pomeridiane in quel paese sulla via di Passo Lanciano e una lettera affettuosa scrittami nel 42 da Don Fabio dal Collegio Nazareno di Roma dove insegnava e viveva , nella quale mi chiedeva conto dei miei progressi a scuola e di pregare per suo fratello che era stato operato in una clinica  di Pescara .

A scuola poi , nonostante fossi timidissimo, andavo sempre bene, forse grazie anche a quei  primi  rudimenti nelle lingue classiche impartitemi in quelle non troppo severe e impegnative lezioni .

Al liceo invece, venivo sovente ripreso dalla supplente di lettere per non ricordo più quali mancanze  e mandato in corridoio “ a fare la guardia al Plastico dell’Impero” .  A mia madre che andava a informarsi del mio andamento  , il Preside , che era siciliano, non potendo lagnarsi del mio profitto,  si lamentava con lei di come io fossi insensibbile e incorreggibbile . Tanto che una volta per un increscioso equivoco ,venni sospeso dalle lezioni per un mese .

Risolsi la questione aspettando all’uscita il mio amico Tritapepe che mi aggiornava sullo svolgimento del programma , facevo i compiti e studiavo le lezioni . In profitto non ero disprezzabile , era la condotta la mia bestia nera! Nel frattempo cominciavo a venire incaricato di tutte le incombenze inerenti la conduzione delle campagne e della casa e a poco a poco mi trovai a ricoprire il ruolo di “possidente”.

Buona festa del papà, papà.