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DISCORSO DI SALUTO ALLA COLDIRETTI

Era il  maggio del 2010 quando divenni Presidente Provinciale di Pescara.
Solo due mesi prima la Coldiretti bussò alla mia azienda. Mi venne a conoscere più da vicino, venne a capire di persona che tipo fossi.
La mia azienda la conosceva abbastanza bene, non tanto perché era chiaramente iscritta a Coldiretti e vi faceva qualche pratica ma perchè lo faceva da tanti anni.

La Coldiretti conosceva me. Io non conoscevo lei. Mi chiedevo, anzi, di cosa si occupasse esattamente oltre a fare i corsi di formazione per primi insediati ( che avevo da poco fatto anche io nella vecchia sede di Via del Circuito) e oltre a fare le pratiche Pac e i libretti Uma.
All’epoca giravano dei volantini che parlavano di un nuovo Progetto per l’Agricoltura Italiana. Un progetto chiamato Campagna Amica, volto a ridare dignità alle produzioni agricole nazionali per, se non proprio sottrarle alla Gdo, riportarle a condizioni di contrattazione privata con la grande distribuzioni più umane. Quello fu il primo progetto che conobbi e che faceva parte del più ampio disegno nazionale volto a ridare valore alla filiera agricola italiana, da una parte lottando contro le contraffazioni e il falso made in Italy  che sottraeva al nostro fatturato il 33% degli incassi e dall’altra ridando valore alle nostre produzioni in via diretta, attraverso accordi di filiera più equi e vendita diretta dagli agricoltori ai consumatori. Il progetto veniva portato avanti con forza e determinazione  dalla classe dirigente insieme ad un altro elemento che ha caratterizzato gli ultimi otto anni sindacali: la valorizzazione dei giovani. A Pescara , ma non solo a Pescara, si puntò su un presidente giovane che rappresentasse un cambiamento.
In quel momento non io, ma la mia figura,  rappresentava per Coldiretti un modello da presentare al pubblico . Un modello che significava cambiamento: si voleva comunicare all’esterno ( non solo e non tanto al mondo agricolo quanto piuttosto al mondo intero) che l’agricoltura italiana aveva fatto un salto ed era passata dall’essere identificativa di uno stato sociale arretrato da rifuggire , rappresentato dal claime :” braccia rubate all’agricoltura” ad un nuovo settore imprenditoriale in cui non si era più coltivatori ma imprenditori agricoli e non solo sulla carta ma per davvero. Un mondo in cui in agricoltura si investiva sul valore aggiunto del proprio prodotto, sulla filiera italiana, sulla multifunzionalità. E il successo di questo mondo nuovo ce lo avevano in mano i giovani che, invece di continuare a scappare dalle campagne, anche e soprattutto grazie alla determinante opera sindacale portata avanti da Coldiretti, stavano pian piano scegliendo di restare e investire in un futuro agricolo, che i propri genitori non gli avrebbero mai augurato.
Per me non è stato facile come potrebbe sembrare.
Ero un pò un pesce fuor d’acqua e non conoscevo l’organizzazione e le sue dinamiche complesse. Pescara e la sua provincia uscivano da un brutto periodo di commissariamento e lotte intestine a cui bisognava dare una svolta.  Avrebbe questo territorio cosi vivace, verace e appassionato accettato una come me? Una che storicamente apparteneva alla parte della borghesia, dei proprietari terrieri, e  che solo da pochi anni aveva trasformato un vecchio status sociale già sorpassato da tempo nella realtà ma non nella memoria storica, in un lavoro a tutti gli effetti, riprendendo su di sé il ruolo del signore e quello del  mezzadro.
Era difficile se non impossibile eppure è successo.
Non tanto grazie a me , quanto alle persone di Coldiretti.
I presidenti di territorio  che,  nonostante io partissi da una base di partenza molto avvantaggiata ( io che  ho investito quasi tutto il patrimonio di famiglia sulla mia azienda agricola affinché si rinnovasse e affinché io potessi non solo salvarla da morte certa ma proiettarla sotto il nome di mio padre nel futuro più remoto per farla durare  altri 500 anni), hanno compreso presto che io quell’eredità me la stavo ampiamente riguadagnando a suon di fatica e  lavoro.
I consiglieri, del primo e del secondo mandato, che con me hanno avuto pazienza, bontà e gentilezza d’animo. Penso a Sandro, a Gabriele, a Teresa  , a Pierluigi  e a tutti gli altri.
I dipendenti, prima tra tutti Alessandra ma anche Mauro, David, Luciano e molti altri che mi hanno aiutato sempre  e che hanno accompagnato questo cambiamento facendolo, a volte , anche digerire come si digerisce  un boccone amaro a coloro che faticavano a capire.
I direttori che, chi ponendo l’accento più su un aspetto  chi più sull’altro…hanno diretto l’orchestra con impegno e determinazione alternandosi , ahimè, un pò troppo spesso.
Questa regione meriterebbe un disegno dirigenziale a più lungo termine.
Il cambiamento intellettuale di cui ho avuto l’onore di far parte in questi nove anni è storico. La Coldiretti ha insegnato  al mondo che quando si parla di agricoltura si parla di cibo, che l’agricoltore non può più essere visto come il poveraccio che è rimasto a lavorare i campi invece di affrontare l’esodo nei grandi poli urbani ed industriali nati in Italia dopo la prima e la seconda guerra mondiale. Che l’agricoltore e l’agricoltura stessa ce la dobbiamo tenere cara se cari abbiamo i nostri figli poiché è grazie all’agricoltura che manteniamo in vita il nostro bel territorio italiano, i nostri centri rurali, che preserviamo l’ambiente, che possiamo mangiare, in Italia, del cibo sano e controllato. La Coldiretti ha creato la multifunzionalità agricola che è quella cosa magica per cui un agricoltore oggi può, con poco e con la stessa tassazione agevolata agricola, aumentare il suo reddito con attività collaterali alla sua attività principale, come agriturismi, fattorie didattiche, enoturismo da ultimo. E’ grazie alla Coldiretti che quest’anno, durante la vendemmia, sono riuscita a portare in cantina  più di 600 persone per  La vendemmia dei piccoli.
E che posso organizzare degustazioni guidate per gli stranieri e poi vender loro i miei prodotti agricoli a dei prezzi che fanno girar la testa alla grande distribuzione organizzata, ma con la stessa tassazione agricola di sempre.
Ma essa non ha solo insegnato. La Coldiretti ha ispirato. Cosa che fanno solo le grandi persone e le grandi imprese. Ha fatto in Italia quello che nel mondo hanno fatto aziende del calibro di Apple: una rivoluzione. Ha intercettato il bisogno e ha creato la domanda. Lo scandalo del metanolo, il maiale alla diossina, frutti di bosco congelati contaminati da epatite a, influenza aviaria, morbo della mucca pazza, mozzarelle blu, sottilette con formaggi marci. A partire dagli anni 80 e dai primi scandali alimentari è stata la Coldiretti ad intercettare lo smarrimento e la paura su ciò che si poteva o non si poteva dare da mangiare ai nostri figli. E’ stata la Coldiretti a comprendere il bisogno di sicurezza alimentare  e a trasformarla in opportunità per il settore agricolo ispirando una rivoluzione storica: da agricoltura = ultima ruota del carro a agricoltura = tutela del consumatore.
Da Sindacato del Piccolo Coltivatore Diretto, si è seduto dalla parte del consumatore , gli ha stretto la mano, ci ha firmato un contratto e gli ha detto: io capisco il tuo bisogno e ho una risposta. E la risposta era l’agricoltura. Da sempre trattata come l’ultima ruota del carro, finalmente qualcuno ha iniziato a mostrarci al mondo come l’unica cosa che conta davvero. Abbiamo l’onore di far parte non solo del più grande sindacato italiano ma del sindacato della rivoluzione. Oggi sul palcoscenico ci sono gli chef e , a volte, i produttori di vino che contano. Tra qualche anno ci saranno i produttori agricoli.
E nel frattempo, i più grandi risultati per il mondo agricolo  stanno arrivando, a seguito di grandi battaglie come quella per l’etichettatura  obbligatoria, quella contro il Caporalato, quella per abolire l’ Imu e l’Irap per le nostre imprese , quella per mantenere la tassazione agricola su base catastale, quella per sconfiggere gli accordi transnazionali dannosi per la nostra economia e i nostri prodotti.
Ed io ho avuto l’onore di vivere tutto ciò e conoscere persone del calibro di Giancarlo Caselli e Cataldo Motta, che non dimenticherò mai.
Il rapporto tra me e la Coldiretti è stato un rapporto di scambio e di rispetto reciproco.
Io ho investito tanto del mio tempo per il nostro settore, per rappresentarlo al meglio preparandomi ogni volta per essere sempre all’altezza (perché come dice Il Segretario Generale: “accetto tutto ma non l’ignoranza” ) per  trasferire sui territori tutto ciò di cui venivo a conoscenza, per tentare con tutte le forze nell’ultimo anno, di comunicare, inutilmente, con una politica di una sordità assordante. L’ho fatto con quel sacro distacco e disinteresse che mi ha portato a non confondere mai la Coldiretti con qualcosa di proprio e mai il mio ruolo pubblico con un potere personale. E’ questo il piccolo segreto che ho ricevuto io stessa dal più grande Presidente di Coldiretti che io abbia conosciuto fino ad ora: il nostro Domenico Pasetti.
Mimmo mi ha insegnato tante cose, non solo in Coldiretti ma anche fuori e con lui sua moglie Laura che, come lui, mi è carissima. Sulla Coldiretti, Mimmo mi ha insegnato tutto quello che so ma la prima e più importante cosa e l’ultima che condivido con voi, è questa:
per quanto io possa aver dato all’ organizzazione in termini di tempo, spese e imprese, quello che io ho dato non sarà mai paragonabile a quello che ho ricevuto. La bilancia peserà sempre dalla parte della Coldiretti.
Ad maiora.
Chiara Ciavolich