Tempo di lettura: 3,96 minuti Musica da ascoltare The Good Wind – Michele Di Toro
Vino in abbinamento: Kuma nero
Non le faccio spesso le plenarie con i dipendenti.
Nelle grandi aziende il Presidente le fa ogni anno, ma io non sono un Presidente e, francamente, non mi sento neppure un proprietario.
Mi hanno detto che questo è un grave problema e che il rapporto che ho con i miei dipendenti non è sano.
Mi hanno detto che concedo eccessiva confidenza e che questo non è funzionale ad una buona gestione del personale.
Mi hanno detto che non controllo abbastanza, che non mi faccio rispettare e che sono troppo indulgente.
Mi hanno detto che infondere eccessiva autostima ai dipendenti può creare dei mostri che ti si ritorcono contro e che ti generano solo problemi.
Me ne hanno dette parecchie.
Eppure, benché alcune di queste tragiche profezie si siano effettivamente avverate, sono 16 anni che l’Azienda Ciavolich porta il mio nome.
E se per alcuni di voi l’esperienza con me è più recente, per molti di voi supera i 10 anni, a volte pure i 40.
Credo che, tra alti e bassi, che fanno parte della vita di ognuno di noi, l’equilibrio che ho provato a creare invece, sia nel senso di un’ alleanza duratura.
Non mi sento vostra amica né confidente.
Alleata si, però, che mi pare essere un rapporto di gran lunga più efficace.
Quando avete iniziato ad organizzare il consueto pranzo di compleanno, per il quale vi ringrazio, mi è sembrato naturale ed opportuno scrivere due parole per voi, che in un anno come questo vi facciano capire non che aria tira fuori, che l’avvertite perfettamente, ma che aria tira dentro di me, a cui voi affidate parte della vostra vita.
Vorrei dunque che sapeste un paio di cose.
Vorrei che sapeste che io la responsabilità del vostro lavoro la sento per intero.
Vorrei che sapeste che la mia scelta di vita, che anche le pietre hanno capito essere questa e nessun’altra, la confermo quest’anno con ancora più forza di quanta non avessi quando sono partita.
Vorrei che sapeste che mi sento solo all’inizio di un percorso anche se può suonare strano, ma per un’azienda che esiste da secoli, 16 anni non sono nulla e vorrei che sapeste che la mia scelta agricola ha sempre avuto poco a che fare con la volontà di arricchirsi ma molto a che fare con un desiderio di trascendenza e di creare benessere e ricchezza da restituire al territorio di cui la mia famiglia fa parte da generazioni, e alle sue persone.
E vorrei che sapeste che questa è una fortuna per me e per voi perché come diceva W. Churchill:
“Guai se Il governo del mondo fosse in mano a nazioni affamate, saremmo sempre in pericolo. Il governo del mondo deve essere affidato a nazioni soddisfatte, che per se stesse non vogliano più di quanto hanno già. “
E vorrei che sapeste che questo non va in contrasto con l’ambizione e con la voglia di migliorarsi e di crescere, anche economicamente, ma ha a che fare con ciò che sta alla sua base e gli conferisce un significato e un valore. ha a che fare con il perché, la missione, lo scopo.
Vorrei che sapeste che il mio consulente commercialista, che mi aiuta moltissimo, mi dice che nel bilancio della mia azienda, il costo del personale è quello che pesa di più. E che io gli rispondo che la forza di questa azienda sono le sue persone.
Vorrei che sapeste che gli rispondo cosi non perché mi piaccia circondarmi di molte persone, che anzi, a dispetto dell’apparenza, sono piuttosto schiva, ma perché ognuno di voi ricopre un ruolo fondamentale ed è un ingranaggio essenziale al buon funzionamento attuale, o futuro, dell’azienda agricola.
Vorrei che sapeste che cerco di fare del mio meglio per creare equilibri sempre. E che se la nostra squadra funziona è perché ci sono dei buoni accordi di fondo tra noi.
Vorrei che sapeste che mi sforzo di essere chiara sempre, di nome e di fatto. Ma che purtroppo non sempre riesco. E vi chiedo scusa per questo.
Vorrei che sapeste che non è vero che, come si dice, preferisco le donne.
Vivendo però in un mondo che vuol farmi credere di aver raggiunto una piena parità di genere quando cosi non è affatto, provo, a modo mio, da donna qual sono, a scardinare il principio per cui realizzare una identità equivalga al sacrificio di se’, provo insomma a dare il mio contributo ad un processo di parità del cui estremo bisogno io avverto l’urgenza.
Vorrei che sapeste che anche voi mi insegnate moltissimo.
E che la cosa più importante che ho appreso da voi è che nella vita ognuno di noi recita un ruolo e che questo ruolo è importantissimo e che ognuno ha il diritto di poterlo recitare pienamente.
Vorrei che sapeste che se non mi sento un proprietario, mi sento un custode, che vorrebbe consegnare la realtà avuta in dote migliore di come l’ha ricevuta.
Vorrei che sapeste che sento l’affetto e la dedizione che ognuno di voi dedica a questa azienda agricola.
E infine vorrei che sapeste che la mia porta è sempre aperta, se non altro perché lascio sempre la chiave fuori, perché sennò poi succede che mi chiudo fuori io stessa… ma questo, voi, già lo sapete.
Con il cuore,
Chiara